(Sopra)Vivere nel call center #04 - Come salvarsi dal Controllo Genuinità

(Sopra)Vivere nel call center #04 -
Come salvarsi dal Controllo Genuinità
Quando uno dei temibili operatori del Controllo Genuinità scende nell'immenso scantinato/bolgia-infernale, dove lavorano gli operatori/schiavi senza sosta urlando offerte folli, non è mai una buona cosa. Tutti, dal pivellino appena adescato al veterano rassegnato, sanno di poter esser vittime di punizioni senza senso.

Era vestito come un comune mortale, blue jeans e felpa bianca da mimetizzazione urbana. Mentre scendeva le scale ci guardava tutti come se eravamo un gregge di pecore e lui il lupo cattivo.
Lentamente si avvicinò a Renchi, un novellino che da poco aveva superato il periodo di deviazione, uno mezzo addormentato. In faccia era pieno di brufoli ed aveva una voce acuta e stridula. Il controllore invece era bello lindo e profumato con la voce roca.
Lo puntò dritto negli occhi «tu sai vero come si effettua una registrazione, vero?»
«Certo» rispose Renchi come se fosse tutto normale «si chiede carta d'identità, codice fiscale e numero di costrizione» quelli vicino a lui se la stavano dando a gambe per la paura.
«Sai... Poco fa ho chiamato una tua cliente» iniziava ad alzare la voce «e mi ha dato un codice di costrizione diverso da quello che tu hai scritto!» Lo indicò con l'indice accusatorio.
«E quindi?»
«E quindi?!» Diventò rosso in faccia, un misto di rabbia e compiacenza sadica «quindi ora vieni nella sala torture e ti prendi le tue cinquanta frustate come punizione! Tu sei il peggio di questa azienda! Ameba! Tu vuoi distruggerla! Scrivere un codice errato significa un mancato pagamento! Volevi che tutti quanti noi ci rimettessimo soldi! Ammettilo Antonio!»
Renchi non si smosse né si impaurì «Ma io mi chiamo Renchi, Antonio è quello che lavora dietro di me» mi indicò. Io salutai con la manina tremante vedendomi chiamato in causa.
Ci furono alcuni secondi di silenzio, tutti gli operatori guardavano la scena perplessi. In quel piccolo lasso di tempo mi passò tutta la vita davanti. Il controllore guardò prima me e poi Renchi.
«Lo so che ha sbagliato! So chi è Antonio stupido! Ti pare che sono il tipo di persona che sbaglia? EH?»
«Non so... Io...» Cominciò a confondersi.
Io colsi la palla al balzo per salvarmi «Assolutamente no signore! Voi non sbagliate mai!»
Renchi non aveva capito cosa stava succedendo.
«Esatto Antonio! Noi non sbagliamo mai! Mai! Tu potevi correggere Antonio! E lo hai fatto?! Eh! Lo hai fatto? Rispondi!»
Renchi iniziò a balbettare «N-no, non l-lo corretto signore.»
«Esatto! Non lo hai corretto né prima né dopo! Potevi risparmiarmi la discesa qui e invece no! Hai voluto che io scendessi!»
Renchi tremava come una foglia dalla paura. Gli operatori commentavano la scena per salvarsi la pelle.
«Io corrego sempre quello che mi sta accanto.»
«Sì anche io! Lo faccio sempre!»
«Io poi sono il primo a dire agli altri di controllarmi.»
«Secondo me dovremmo controllarci anche di più!» Aggiunsi io.
«Non verrò licenziato vero?» chiese con tono di supplica Renchi.
«No...» da bestia infuriata il sadico folle si trasformò in angioletto con tono paternale «ti daremo solo cinquanta frustate e poi tornerai a lavoro.»
«Sì, s-sì, grazie, la prossima volta controllo tutto, sì sì.»
«Fai attenzione però, la prossima volta rischi l'evirazione, non è bello essere costretti ad evirare, lo sai...»
«Sì, non è bello evirare sì...»

Dopo che Renchi fu portato fuori dallo scantinato tutti noi tirammo un sospiro di sollievo, tornammo a lavorare il doppio di prima.
Il mio vicino di cubicolo iniziò a pregare per Renchi. Non per la sua salvezza, ma nella speranza che sia sempre lui ad essere frustato.

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